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I nostri aggiornamenti
L’attuale condizione di emergenza sanitaria legata al diffondersi del nuovo Covid- 19 e la conseguente emanazione dei differenti provvedimenti governativi d’urgenza volti a limitare i contagi, stanno avendo un impatto di grande rilevanza anche nei confronti dei rapporti locatizi. Vediamo nel dettaglio l’applicabilità della normativa d’urgenza sui contratti di locazione commerciali:
- l’art. 65 , d.l. 17 marzo 2020, n. 18 attribuisce al conduttore un credito di imposta pari al 60% dell’ammontare del canone di locazione relativo al mese di marzo 2020 per gli immobili rientranti nella categoria catastale C/1 (negozi e botteghe). Detto beneficio, puramente di natura fiscale, è utilizzabile quale credito in compensazione e concerne i negozi interessati dalla “chiusura forzata “ per effetto del decreto dell’11 marzo 2020, ne sono pertanto esclusi tutti i negozi aperti nei giorni di emergenza;
- l’art. 103 co. 6, d.l. 17 marzo 2020, n. 18 prevede che “l’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili anche ad uso non abitativo, è sospesa fino al 30 giugno 2020”. Detta norma è destinata a trovare applicazione relativamente all’esecuzione di ogni provvedimento giudiziario che disponga il rilascio di qualsiasi immobile.
A parte il dettato di queste disposizioni di natura speciale e transitoria, le attuali norme non prevedono alcuna sospensione generalizzata dei canoni per i contratti di locazione, quindi il conduttore di un’attività commerciale non è autorizzato a sospendere il pagamento del canone di locazione. D’altro canto è indubbio che nelle ipotesi di chiusura delle attività commerciali il conduttore, pur rimanendo nella disponibilità dell’immobile non può, fino alla riapertura, esercitare attività che gli consentano alcun tipo di guadagno e può trovarsi quindi in una situazione di difficoltà ad adempiere all’obbligazione contrattuale di corrispondere il dovuto canone di locazione.
Alla luce della situazione attuale una ragionevole soluzione potrebbe essere la rinegoziazione dei contratti di locazione, ovvero: il conduttore contatti il locatore (per iscritto) e lo inviti a rinegoziare, temporaneamente, il canone locatizio previsto nel contratto di locazione, fino al perdurare della crisi economica.
Lo strumento giuridico che giustifica una tale rinegoziazione è costituito dall’art. 1467 c.c., co. 1 e 3 secondo il quale nei contratti a esecuzione continuata o periodica, se la prestazione di una delle parti è diventata eccessivamente onerosa (in questo caso il pagamento del canone) per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili (Covid-19) la parte che deve fornire tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto; l’altra parte può invece evitarla offrendo una modifica atta a ricondurlo ad equità.
Un altro strumento giuridico che in questo delicato momento storico rileva ai fini dell’inadempimento delle obbligazioni contrattuali nei contratti di locazione è l’art. 1256 c.c. che prevede l’istituto del “factum principis”, ovvero un’ipotesi tipica di forza maggiore sussistente quando l’impossibilità oggettiva di adempiere ad un’obbligazione contrattuale derivi da un atto dell’autorità pubblica. In questo caso se l’inadempimento non dipende dalla volontà del soggetto obbligato o da violazione di doveri di diligenza di quest’ultimo, l’evento impeditivo non sia conosciuto o conoscibile dallo stesso e se il debitore abbia sperimentato tutte le ragionevoli possibilità di adempiere regolarmente, quest’ultimo potrebbe sospendere il pagamento del canone di locazione per il periodo previsto dal provvedimento governativo d’urgenza.
Occorre in ogni caso valutare l’impatto che la situazione emergenziale e i relativi divieti governativi hanno, caso per caso, sulla singola prestazione contrattuale (per quanto nell’ipotesi di chiusura totale di tutte le attività commerciali per effetto di un provvedimento governativo, come nel periodo attuale, è pressoché indubbio che i commercianti abbiano accusato dei mancati guadagni che possano integrare l’ipotesi di impossibilità temporanea ex art. 1256 co.2 c.c.. Pertanto il debitore finché perdurerà l’evento impeditivo potrebbe non essere responsabile del ritardo nell’adempimento). Si tratta comunque di uno strumento che: a) individua una impossibilità solo temporanea, ovvero una posticipazione e non una esclusione totale dal pagamento; b) può condurre successivamente ad un giudizio sulle conseguenze del mancato adempimento ai sensi degli artt. 1218 e 1223 c.c..
Avv. Stefania F. Rispetto